Quando il rock entra in tribunale – Seconda parte

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Eccoci giunti alla seconda e ultima parte di questa nostra curiosa rassegna estiva che si occupa di alcuni delle più importanti cause civili o penali che anno colpito il mondo del rock e del pop nel corso dei decenni.

Nella precedente puntata avevamo avuto modo di vedere le strane vicissitudini di gruppi e cantanti quali Lady Gaga, REM, Michael Jackson, Coldplay e altri ancora, vediamo ora cosa ci riservano avvocati e giudici…

Ricordate i Men at Work? Avevano spopolato negli Ottanta e una delle loro canzoni più famose è sicuramente Down Under, con un fraseggio di flauto riconoscibilissimo. Forse troppo riconoscibile in quanto la Larrikin Music Productions ha portato in tribunale il gruppo accusandoli di aver copiato da un pezzo del 1934, Kookaburra. Si tratta anche in questo caso di una causa milionaria.

Nel 1990 la nota metal band dei Judas Priest era stata portata in tribunale dai genitori di due ragazzi che si erano suicidati. i Judas Priest erano accusati di aver messo messaggi subliminali nei loro dischi, messaggi che possono spingere chi ascolta la loro musica a togliersi la vita.
Mai vittoria fu più semplice: il gruppo asserì che se fosse davvero possibile immettere messaggi subliminali efficaci nelle canzoni, loro di sicuro avrebbero messo messaggi di invito a comprare più dischi e renderli ancora più ricchi, non era certo loro interesse perdere dei fan!

Chiudiamo con una faccenduola minore che però dovrebbe insegnare a certi manager a non fare i furbi con le loro ex band o, volendo, alle band di non esagerare con la vendetta.
Nel 1990 gli Stone Roses erano una band di successo e il capo della loro vecchia etichetta, la FM Revolver, decise di ristampare un loro precedente singolo senza chiedere il permesso, tanto per incassare qualcosina sulla fama del gruppo.
Gli Stone Roses, infuriati, spaccarono i vetri della Mercedes del manager e la coprirono di vernice. Risultato?
Dovettero pagare 5000 sterline a testa ma volete mettere la soddisfazione?


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